Il 18 novembre 2024 la gestazione per altri diventa “reato universale”. Uno sciame di applausi, da un lato, e di grida di disapprovazione, dall’altro, investono l’Italia, che si confronta, si interroga e si divide in posizioni diametralmente opposte.
La reazione dell’opinione pubblica è divisa: per qualcuno è un motivo d’orgoglio, ponendo fine a ciò che è stato definito numerose volte “mercificazione” dei bambini e dei corpi delle donne; per altri ha rappresentato una vera pagina buia della storia del nostro Paese, una sciagura contro cui combattere senza arrendersi e apoteosi della perdita del buonsenso.
Prescindendo dalle posizioni politiche, è necessario porre l’attenzione sulla definizione tecnico-giuridica attribuita a questa pratica, considerata moralmente problematica da parte di alcuni, legittima da parte di altri.
Il reato universale è definito come un crimine perseguibile da qualsiasi Stato, indipendentemente dal luogo in cui è stato commesso, poiché considerato particolarmente grave e di interesse dell’intera comunità internazionale; in esempio di pari livello è possibile citare il genocidio e i crimini di guerra.
In Italia, la gestazione per altri (GPA) -nota anche come maternità surrogata o, in senso dispregiativo, “utero in affitto” – è già vietata dalla L. 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, che punisce chiunque realizza, organizza, o pubblicizza la gestazione per altri e il commercio di gameti o embrioni con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro.
Le modifiche del 16 ottobre hanno aggiunto al co. 6 dell’art 12 della L. 40/2004 la seguente dicitura: «Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla maternità surrogata, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana».
Tuttavia, la faccenda ha scatenato una irrisolta polemica perché molteplici giuristi hanno aspramente criticato questa scelta, giacché in sessantasei paesi la GPA è riconosciuta come lecita. Di conseguenza, definire il reato di gestazione per altri “universale” sarebbe da considerare errato. Universale è un aggettivo che la grammatica italiana utilizza per un affare valido in ogni circostanza, applicabile a tutto e a tutti senza alcuna eccezione.
In diritto, esempio lampante è la Dichiarazione “universale” dei diritti umani, che stabilisce, infatti, diritti riconosciuti e protetti a livello internazionale.
Ha senso parlare di regola “universale” se le sue eccezioni sono appena sessantasei?
A conclusione di quanto esposto, si è ritenuto adeguato affrontare il fenomeno verificatosi a Montecitorio poiché, oltre ad esser stato dibattuto da ogni media, rappresenta a livello giuridico un considerevole cambiamento.