La toga negata. Una questione di pudore

Una delle serie tv più apprezzate fa la sua ricomparsa sul piccolo schermo allo scopo di divulgare le travagliate vicende che hanno contrassegnato la storia di Lidia Poet, il primo avvocato donna nella storia d’Italia. In particolare, le sfide che hanno contrassegnato il suo percorso sono fortemente emblematiche di un contesto sociale e culturale ben diverso dalla nostra contemporaneità.

Successivamente alla rimozione del divieto che imponeva alle donne di non poter accedere ai corsi universitari nel 1876, Lidia si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino nel 1878, in cui era rettore Cesare Lombroso.

Tuttavia, una volta conseguita l’abilitazione, iniziarono a sorgere dei problemi in merito alla sua ammissione all’Ordine degli Avvocati dovuti principalmente, se non esclusivamente, al fatto che fosse una donna. Si trattava, però, di impedimenti cui mancava una solida base normativa. Infatti, la legge del 1874, che istituiva l’Ordine,  prevedeva come requisito di accesso il possesso della laurea, con ciò non escludendo esplicitamente la partecipazione delle donne all’Ordine. Tuttavia si riteneva che il silenzio della legge dovesse essere interpretato alla stregua di un tacito divieto.

La questione fu esposta all’attenzione della Corte di Cassazione che prese una decisione adducendo motivazioni alquanto opinabili e largamente influenzate dal comune sentire morale: l’uso esclusivo del genere maschile nei testi di legge (avvocato e non avvocata);“differenze e disuguaglianze naturali”; motivi di “pudore” e “riservatezza” legati al sesso femminile, per cui appariva inadeguato che “fanciulle oneste” discutessero di “argomenti imbarazzanti”.  

Lontana dal lasciarsi scoraggiare, Lidia continuò a esercitare la professione legale, affiancando il fratello avvocato e dando il suo sostegno a numerose iniziative volte ad aumentare il valore della donna nella società. Aderì, in particolare, al Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, dove si occupò di dirigere i lavori della sezione giuridica. Inoltre, partecipò a numerosi Congressi internazionali, sul diritto penitenziario, a sostegno della riabilitazione dei detenuti attraverso l’educazione e il lavoro. 

Fu solo nel 1919 che Lidia, alla veneranda età di 65 anni, riuscì a iscriversi ufficialmente all’Ordine degli Avvocati grazie all’approvazione della Legge Sacchi, che abolì l’autorizzazione maritale, riconoscendo alle donne la piena capacità giuridica e permettendo loro l’accesso a tutte le professioni, inclusa quella forense, con l’eccezione della carriera in magistratura, che fu aperta alle donne solo nel 1963.