Città del Vaticano, 4 maggio 1998, ore 20:46.
Il telefono di casa Estermann squilla; a rispondere è Alois Estermann, ufficiale della Guardia Svizzera in servizio presso la Città del Vaticano. All’altro lato della cornetta risponde un suo amico che si congratula con lui per la recente promozione a capitano.
Pochi istanti dopo accade qualcosa di singolare, Alois si allontana dal telefono. In chiamata echeggia il suono di alcuni colpi di pistola.
Nel frattempo, sul luogo dell’accaduto, una suora, vicina di casa di Alois, esce sul pianerottolo allarmata dai rumori. Trova la porta di casa Estermann spalancata, e davanti a sé una lugubre scena: sangue ovunque, e i cadaveri di Alois Estermann, della moglie Gladys Meza Romero e del vice caporale Cédric Tornay.
La Santa Sede, anticipando rilievi, autopsie e interrogatori, rilascia subito una versione ufficiale dalla quale emerge che Cedric Tornay si è macchiato del turpe omicidio dei coniugi Estermann e in seguito si è suicidato. In particolare, ciò si evince da una lettera d’addio scritta dallo stesso Cedric e indirizzata a sua madre.
La Santa Sede chiude ufficialmente il caso l’anno successivo con il bollettino n.55, in cui l’autopsia condotta dalle autorità vaticane rivela la presenza di una cisti nel cranio di Cedric, con conseguente deformazione del lobo frontale sinistro, e tracce di metabolita della cannabis, reputate la causa del suo comportamento ‘‘irriverente e irresponsabile’’.
Inoltre, secondo la versione fornita dalla Santa Sede, la tesi del suicidio è avvalorata dalla ricostruzione balistica della traiettoria del proiettile fuoriuscito dalla parte posteriore del cranio, e quindi sparato attraverso la bocca, mentre la rottura degli incisivi del giovane è conseguente al rinculo dell’arma.
Volendo concentrarci sull’analisi del movente che ha influenzato le azioni di Cedric Tornay, quest’ultimo è da ricercarsi nell’astio covato da tempo nei confronti di Alois Estermann a causa di una promozione non avvenuta.
Per quanto riguarda l’arma del delitto si tratta di una calibro 9mm d’ordinanza trovata sotto il corpo di Cedric. La vicenda, tuttavia, è ben lungi dall’essere conclusa.
Innumerevoli incongruenze emergono sin da subito, molte delle quali portate alla luce dalla madre di Tornay, Muguette Baudat.
La donna, giunta a Roma, inizialmente acconsente alla proposta di alcuni prelati di far cremare il corpo, ma il giorno dopo, in particolare dopo la lettura dell’ultimo messaggio di suo figlio decide di non firmare l’autorizzazione.
La decisione è legata ad un particolare agghiacciante di cui la signora Baudat si accorge: la lettera contiene un errore sul suo cognome, Charmoel, dovuto ad un precedente matrimonio. Cognome che Cedric non ha (e non avrebbe) mai utilizzato, ma che appare nella sua scheda conservata negli archivi delle guardie svizzere, compilata al tempo del suo arruolamento. A ciò si aggiungono l’assenza della consueta firma del ragazzo e la presenza di numerosi errori grammaticali grossolani e insoliti per una persona di madrelingua francese e di cultura medio-alta, che fanno pensare ad una lettera non autentica scritta da ignoti, imitando la grafia del giovane.
Di lì in avanti, il caso si fece sempre più oscuro. Emergono nuove incongruenze grazie alla tenacia della signora Muguette e dell’avvocato Luc Brossellet.
Una di queste riguarda il luogo del delitto: la porta di casa di Alois Estermann, all’arrivo della suora, è spalancata, lasciando presagire la fuga di qualcuno; inoltre sul tavolo sono disposti quattro bicchieri, quasi a voler suggerire la presenza di una quarta persona.
Grazie all’aiuto del suo legale, Muguette riesce a ottenere un’ulteriore autopsia per il corpo del figlio. L’autopsia, effettuata a Losanna, non riscontra alcuna cisti e confuta l’analisi balistica precedentemente sostenuta. L’autopsia sottolinea inoltre come il foro di entrata e di uscita del proiettile corrisponda ad un calibro inferiore a quello dichiarato dalla Santa Sede (7mm e non 9mm).
La madre di Cedric cerca di far riaprire l’inchiesta nel 2002, portando dinanzi al Papa le varie incongruenze e i punti oscuri dell’indagine. Nonostante ciò la Santa Sede si rifiuta di riaprire l’inchiesta, sperando così di porre fine alla vicenda giudiziaria e chiudere il caso, non capendo che così facendo le domande non fanno che moltiplicarsi.