Il ragazzo dai pantaloni rosa. Responsabilità e bullismo.

Il ragazzo dai pantaloni rosa è il titolo del film uscito nelle sale italiane il 7 novembre 2024 che ha destato attenzione e promosso empatia in moltissimi spettatori. La sceneggiatura è la storia vera di Andrea, vittima di bullismo e cyberbullismo a causa di un paio di pantaloni scoloriti che indossava. Dopo innumerevoli episodi di derisione e vilipendio, nel novembre del 2012 il quindicenne si tolse la vita. 

Colpiti dall’aspetto emozionale e dalla drasticità di questa vicenda, pochissimi si sono interessati alla dimensione forense, sulla quale è importante soffermarsi.

I responsabili del bullismo e della creazione della pagina Facebook – ideata appositamente per deridere il giovanissimo Spezzacatena – sono stati accusati per diversi reati, previsti per tutelare la persona contro atti che ne ledono l’onore, la libertà e la sicurezza, tra i quali:

  • Diffamazione aggravata (art. 595 c. p.), per effetto di comportamenti che hanno ripetutamente e pesantemente offeso l’onore e la reputazione del ragazzo;
  • Stalking (art. 612-bis c. p.), per la reiterazione di atti persecutori idonei a provocare sofferenza psicologica, stato grave di ansia o paura. Le condotte di questo reato includono senz’altro minacce, pedinamenti e molestie;
  • Istigazione al suicidio (art. 580 c. p.), che punisce chi induce con atti o parole una persona a suicidarsi o comunque tentare di porre fine alla sua esistenza. La pena può variare da cinque a dieci anni di reclusione, e se il suicidio viene consumato – come in questo caso – la pena può essere aumentata.

Oltre alle prime tre menzioni, è doveroso ricordare l’importanza della legge n. 71 del 29 maggio 2017 volta a prevenire e contrastare fenomeni di bullismo e cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni.

Giuntamente agli illeciti appena citati, anche nel Codice Civile italiano vi sono tratti che aderiscono a questa vicenda con esatta conformità, tra cui si cita l’articolo 2048 che riguarda la responsabilità dei genitori per i danni causati dai figli minori a terzi, a meno che i genitori riescano a provare di aver esercitato una vigilanza adeguata e idonea sul comportamento del figlio. Chiaramente la responsabilità è limitata alla negligenza e non si estende automaticamente a causa della mera relazione di genitorialità. Proprio a tal proposito, in contesti come quello di bullismo e cyberbullismo, i genitori dei sopraffattori sono chiamati in causa.

In definitiva, le implicazioni giuridiche appena citate – unite a molte altre norme che intervengono in situazioni analoghe – dovrebbero, accanto al buonsenso personale, indurci a riflettere in merito a storie come quella di Andrea, che arrivano dritte al cuore come una funesta scarica elettrica.