La devianza giovanile manifestatasi nell’ambito di contesti criminali è un problema che, da una parte, richiede mezzi risolutivi tempestivi ed efficaci, dall’altra, comporta la necessità di trattare queste tematiche con la cura e la delicatezza che richiede la materia; si tratta pur sempre di minori. Lo stupore innanzi a notizie di spari, accoltellamenti e pestaggi tra giovani e giovanissimi ha instillato, ormai da tempo, un senso di angoscia e preoccupazione in genitori e ragazzi. Se prima, probabilmente in maniera troppo frettolosa, facilmente si riconduceva l’episodio criminoso a questo o quel quartiere notoriamente degradato, adesso, lo si identifica come un problema trasversale, che necessita, pertanto, di essere trattato e contenuto.
Negli ultimi anni, la città sta combattendo una certa “mentalità” di quei giovani che, senza troppo pensare alle conseguenze, la sera, prima di uscire, insieme agli effetti personali, trova indispensabile portare con sé coltelli, pistole e altri strumenti atti ad offendere. In quelle serate qualche sfortunato ragazzo, che si ritrova nel posto sbagliato al momento sbagliato, perde la vita, lasciando nei parenti e nella città sgomento e rabbia.
La risposta legislativa a questa preoccupante deriva è stata l’emanazione del d.l. 123/2023, cd. “Decreto Caivano”, che ha inasprito le pene per i reati compiuti da minorenni e – secondo alcuni, con troppa ferocia – ha trafitto il garantismo che caratterizza il processo minorile – disciplinato dal d.p.r. n. 488 del 1988 – che, pur non rappresentando una giurisdizione autonoma, è regolato da principi finalizzati a rendere la partecipazione del minore al processo perfettamente compatibile con le esigenze di tutela e protezione sancite nelle convenzioni internazionali. Nel chiarire la funzione della giurisdizione minorile, il CSM ribadisce che l’obiettivo è “la rapida fuoriuscita del minore dal processo penale”: lo scopo, infatti, è quello di sottoporlo ad un regime perlopiù trattamentale piuttosto che strettamente sanzionatorio; in questo modo, si garantisce il giusto bilanciamento tra l’obbligatorietà esecutiva della pena stabilita dal giudice e lo scopo rieducativo della stessa per il minorenne. Il predetto scopo, specialmente per un minorenne, assume particolare rilevanza nella misura in cui il margine di recuperabilità di un minore inserito in contesti criminali, pur vivendo spesso di illeciti e in uno stato di abbandono genitoriale, fisico e morale, non è pari a zero, ed è per questo che, rispetto a certi episodi non c’è più spazio per la rassegnazione.
Napoli sa che il fenomeno necessita di essere arginato, ed è pronta a combatterlo, senza vestirsi di omertà e timore: l’obiettivo è quello di non sentire più altre urla straziate di una famiglia il cui cuore è stato spezzato ingiustamente da un colpo di pistola partito per una scarpa calpestata. Gigiò, Francesco Pio, Emanuele, Santo. Questi sono solo alcuni dei nomi che non saranno mai cancellati dalla memoria collettiva, per il triste esito dei loro portatori. Napoli si sta mostrando ancora una volta resiliente, desiderosa di un cambiamento che grida a gran voce alle Istituzioni, affinché venga assicurato un intervento idoneo a trattare il problema della devianza criminale giovanile, garantendo sicurezza e protezione alla collettività.